Un’esperienza che coinvolge i 5 sensi e ti immerge in un’atmosfera curata in ogni dettaglio.
Oggi vi racconto un’esperienza: un pranzo da Fulin in compagnia di Gianni Ugolini, che ha accettato di farsi intervistare, per raccontarci come è nato questo ristorante cinese, così diverso dagli altri, non solo a livello di immagine, ma anche per le scelte relative ai piatti proposti.

L’intuizione di creare a Firenze, in un momento in cui ancora non c’era niente di simile, un ristorante come Fulin è stata l’occasione per offrire ai fiorentini la possibilità di gustare la vera cucina cinese, di alta qualità, a cui nessuno di noi era abituato! Un concetto diverso dal ristorante cinese a basso costo, oppure all you can eat che di solito è presente nella maggior parte delle città.
Come è nato Fulin?
Fulin è nato dopo un mio primo tentativo di affittare questo fondo, ma per il quale non riuscivo a trovare la soluzione giusta, una situazione che mi piacesse veramente. Quindi a un certo punto ho deciso di mettermi in gioco e di “farci qualcosa io!”.

Insieme a dei soci ho deciso di creare un ristorante cinese nuovo, diverso, minimalista, di taglio leggermente fusion, ma con elementi orientali caratterizzanti. Abbiamo cercato di ricostruire delle stanze di vecchie case cinesi padronali, dove l’antiquariato era molto presente, acquistando anche pezzi originali, come un copricapo proveniente dal nord della Cina, del 700, che ci è costato una fortuna, ma anche tanti altri elementi di arredo che contribuiscono in maniera importante a creare la giusta atmosfera. I pannelli di arredamento cinesi che abbiamo scelto sono perfetti per l’effetto scenografico e per i giochi di luce che creano.

Abbiamo fatto scelte non convenzionali, come non avere grandi insegne e non avere un accesso direttamente dalla strada: un modo per avere un ingresso riservato e allo stesso tempo per incuriosire.
Come si è evoluto Fulin oggi, rispetto all’apertura?
All’inizio avevamo meno esperienza nella relazione tra sala e cucina. Con il tempo siamo riusciti a coordinarci meglio, grazie ad una persona che si occupa proprio di gestire le comande e ottimizzare i tempi, in modo da ridurre le attese.

Continuiamo ad evolverci anche per il tipo di esperienza che offriamo ai nostri ospiti, con piatti che hanno una loro teatralità anche nel modo in cui sono serviti, come ad esempio il raviolo unico di capasanta al the verde affumicato che viene versato sul raviolo nel momento in cui viene presentato al cliente.
I 5 sensi devono essere tutti coinvolti: dalla musica, alla location, al tatto, per finire al gusto intenso di ogni singolo boccone. Ogni piatto deve lasciare il segno nella memoria dei nostri ospiti.
Quali sono stati i piatti di maggiore successo?
Sicuramente l’Anatra alla pechinese, uno dei piatti più amati, soprattutto per la grande qualità di questo prodotto.
Lo staff del ristorante fa una lavorazione di 25 ore. A partire dalla sera precedente, perché la ricetta riesca alla perfezione, l’anatra viene aperta e messa in marinatura. Al suo interno vengono inseriti anice stellato, ginseng, zenzero, cipolla bianca e una mela sbucciata. Viene appesa in un ambiente dedicato e rispettoso di tutte le norme sanitarie, all’interno della nostra cucina, per tutta la notte. La mattina procediamo con la laccatura a base di zucchero di canna e miele. Poi viene cotta a bassa temperatura per diverse ore. L’ultima cottura viene fatta prima di essere servita, ad una temperatura più alta per rendere la sua pelle croccante al momento del servizio.
Viene accompagnata con verdure e con delle crepes aromatizzate alla carota o alle verdure per conferire un aspetto cromatico arancione o verde.
Il metodo per degustare questo piatto, per dare forza alla sua convivialità, è prendere la crepe sul palmo della mano e prepararla con soia fermentata al pistacchio, con julienne di porro e cetriolo, che grazie alla soia si attacca alla crepe, aggiungendo poi spaghetti di riso croccanti e sottilissimi e infine l’anatra, la protagonista assoluta! Il gusto è la perfetta armonia di tutti gli ingredienti.

“Un’anatra così, neanche a Pechino!” questo è stato il commento del Console Cinese in Italia, che è stata una grande soddisfazione per tutto lo staff, soprattutto per il nostro Chef, arrivato direttamente da Pechino con tutta la famiglia, che è un esperto di anatra.
Ecco come il nostro ristorante riesce a offrire il meglio, unendo la grande competenza dello chef, il suo metodo di marinatura collaudato in tanti anni, con una materia prima che selezioniamo con estrema cura, scegliendo prodotti biologici e certificati.
Anche i ravioli sono molto amati. Offriamo 2 tipi di degustazione: raviolo marina, con 5 tipi di ravioli da degustare in senso antiorario, partendo dal sapore più delicato per arrivare al più intenso.

Poi abbiamo una degustazione più semplice, che parte dal gambero bianco e poi passa a sapori più decisi come il maiale e la fassona, per poi concludere con un raviolo alle verdure, che serve anche a pulire la bocca dai sapori precedenti, per preparare alla portata successiva.
Anche i dolci sono estremamente curati anche nella presentazione. Oltre ai classici della cucina cinese, come il gelato fritto, ci sono altre proposte molto sofisticate, come il tortino di cioccolato fondente alla menta servito con salsa di mango.
Oggi sei qui in veste di ristoratore, ma Fulin non è la tua unica attività. Sul nostro blog abbiamo già avuto occasione di parlare di te per la tua carriera nella fotografia. Come hai iniziato?
Ho iniziato ad interessarmi alla fotografia a 16 anni, nel 1968. Mi trovavo a Milano a casa di amici di famiglia.
Uno di loro era un fotoamatore appassionato di vela, che ci mostrò le ultime foto che aveva fatto durante le regate.
Io non avevo mai visto immagini così affascinanti e in quel momento ho deciso che volevo approfondire questo linguaggio. L’ho fatto iscrivendomi ad un primo corso di fotografia in cui le prime foto erano semplicemente un avvicinamento alla pellicola: come funziona, come si sviluppa, comprese tutte le azioni da svolgere per sviluppare correttamente a livello di chimica. Oggi siamo a un altro livello ovviamente con le foto digitali, ma dopo 50 anni di carriera posso dire che la fotografia mi ha regalato grandi soddisfazioni e opportunità. La cosa di cui sono più felice è che ho avuto sempre soddisfazioni, anche a livello economico, da attività che per me erano piacere, divertimento e interesse.
Possiamo dire quindi che siano state le tue passioni a guidarti anche a livello di sviluppo del business?
Ritengo che le passioni e gli interessi che abbiamo dovrebbero guidare ognuno di noi, non solo per fare il lavoro che più ci piace, ma per essere felici. Quando ci impegnamo con tutte le nostre forze per raggiungere un obiettivo, non solo ci sentiamo gratificati, ma le fatiche diventano un piacere. Le soddisfazioni a livello economico poi, arrivano come una conseguenza. Questo è esattamente ciò che mi è successo con Fulin: un luogo che inizialmente era un progetto di business, un modo per utilizzare uno spazio importante per me e per la mia famiglia, che adesso è diventato il posto più piacevole in cui passare le mie serate, divertendomi e offrendo un’esperienza memorabile a tutti i miei clienti.
Grazie mille Gianni per averci regalato questa tua testimonianza, che speriamo possa ispirare i lettori a dare una possibilità alle proprie passioni, grazie soprattutto per l’entuasiasmo che metti in ogni tuo progetto.
A questo punto non resta che venire a cena da Fulin, per immergerci in questa magica atmosfera!